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Due ragazzi del sud, romani d’adozione, parlano di vita, di persone vere e di sentimenti che fanno parte del quotidiano. Ci fanno riflettere, immedesimare e divertire, come tutta la vera buona musica sa fare. Da meno di un anno dal lancio dello primo singolo “Bella come Roma”, vantano già un contratto con la Sugar di Caterina Caselli, da poco è appena uscito il loro primo disco e le date del loro tour invernale.

Come nasce il duo Viito?

Siamo nati per caso in una stanza di San Lorenzo, a Roma, dove ci siamo ritrovati a vivere insieme come coinquilini. Siamo nati come un vero e proprio progetto “fatto in casa”, ci siamo conosciuti e successivamente complice la passione per la musica, abbiamo iniziato a comporre le nostre prime canzoni. Sono nate quasi tutte in casa nelle sere chiusi in camera, parlando delle sensazioni che ci travolgevano in quel preciso momento e della nostra vita. Le abbiamo fatte ascoltare inizialmente ai nostri amici, poi sono arrivate all’orecchio delle persone che ci hanno permesso oggi di far uscire il primo disco.

Il vostro disco parla di vita. E’ la vostra ma è anche quella di chi l’ascolta, è questa la chiave del vostro successo?

Sicuramente si. Noi siamo interessati molto a scrivere quello che viviamo e il nostro è un disco molto sincero dove ogni brano si ispira a storie realmente accadute. Molte persone si rivedano in molti contesti e storie da noi raccontate e questo ha fatto in modo che i brani circolassero, toccando le corde emotive dell’anima di chi li ascolta.

Chiamate i vostri fan con  l’appellativo “ANIMA” perché?

Abbiamo sempre chiamato per gioco i nostri coetanei “anima” perché lo sentivamo come un modo per avere un contatto più diretto con loro e oggi lo facciamo anche con chi ascolta le nostre canzoni. L’anima per noi è una cosa importante: è la parte migliore di un essere umano, quella più bambina, quella più pura, priva di tutti i condizionamenti che il mondo e la società ci portano ad avere. Noi quando ci rivolgiamo alle “anime” vogliamo parlare proprio con quella parte lì.

Quanta SAUDADE c’è nelle vostre canzoni?

Tanta. Il concetto di SAUDADE è difficile da tradurre in italiano ma è  la sensazione che ti accompagna durante quasi tutto l’ascolto del disco. Siamo positivi, scriviamo canzoni energiche ma c’è sempre questo filo malinconico che ci accompagna e che però ritrova sempre un risvolto positivo e un fondo di speranza.

“TROPPO FORTE” è il titolo del vostro primo album. Cosa racconta?

Tutti i brani dell’album raccontano le sfumature di quello che siamo, di quello che abbiamo vissuto e di quello che pensiamo. L’album è un po’ un percorso e si apre con una dichiarazione di intenti: «voglio andare troppo forte, voglio amarti troppo forte, chiamarti troppe volte…» l’intenzione è quella di mettere la quinta e andare più forte possibile. Durante tutto il disco quasi come se fosse un viaggio lungo la strada si incontrano vari paesaggi alcuni più esaltanti, altri più riflessivi e altri ancora più malinconici e il tutto si conclude con una catarsi finale che ci apre verso nuovi orizzonti o vecchi, ma con nuove intenzioni.

Come definite il vostro genere musicale?

Canzoni. Non sappiamo se è un genere ma le nostre sono canzoni perché quello che facciamo è solo scrivere canzoni.

Quali sono i vostri riferimenti musicali?

Siamo appassionati a tutte le più grandi penne del cantautorato italiano.

“Bella come Roma” è stato il vostro brano più ascoltato, si ironizza sulle differenze tra Roma e Milano in riferimento alla figura femminile. E c’è una citazione al contrario di Albachiara di Vasco Rossi cosa significa?

«Vorrei tagliarti la strada, bruciarti la scuola, avvelenarti la mela» è esattamente il contrario di quello che diceva Vasco quaranta anni fa. La ragazza che ci raccontava lui è cambiata ed è diventata un po’ più stronza. Il brano racconta la trasformazione della figura della donna di oggi il tutto in una chiave molto ironica.

Ambizioni e sogni futuri?

E’ appena uscito il nostro primo disco e tra poco inizierà il nostro tour invernale. Ci auguriamo di continuare così per almeno altri quarant’ anni.

Una vostra frase da considerare come perla?

«Imparare a perdonare» è una frase dell’ultimo brano del disco “Esami”. Nel contesto dell’ascolto dell’album è una frase conclusiva, ma aperta al nuovo, esattamente come nella vita è una nuova porta aperta verso il futuro e verso quello che sarà.