Skip to main content

Milan Fashion Week SS 2020

Nel pieno della FW Parigina, eccoci con i migliori show di quella di Milano, conclusasi qualche giorno fa, lasciando una scia di eticità e rivoluzione sul suo cammino.

Molti brand, infatti, come Giorgio Armani e Marni, si sono uniti a Greta Thunberg per un mondo più attento all’ambiente. “Il nostro compito è proporre soluzioni, guardare al passato per rivederlo, correggerlo se necessario e enfatizzarlo.” ha affermato Re Giorgio subito dopo la sfilata, uno show dichiaratamente ambientalista, con ispirazioni terrene e eteree e una miriade di riferimenti naturali.

Bottega Veneta e il rebranding di Daniel Lee

È andata in scena anche la seconda puntata del rebranding di Bottega Veneta per opera di Daniel Lee. Considerato alla stregua di #oldCeline, il designer ha saputo costruire un nuovo scenario intorno a Bottega, in termini di immagine e visione. La collezione non si allontana dalla precedente proposta, probabilmente per consolidare un’estetica più duratura e riconoscibile, puntando tutto sullo statement e sugli accessori, che scommettiamo si riconfermeranno best sellers anche la prossima stagione.

Jil Sander e il massimalismo minimal di Luke e Lucie Meier

La coppia ha esplorato i dettagli della rafia naturale, in vivido contrasto al forte taglio sartoriale per cui il brand è famoso. Il minimalismo può essere l’essenza del marchio, ma senza correre il rischio che quell’estetica possa risultare antisettica e fredda, i Meiers hanno progettato una coppia di impronte, una di pesce e l’altra di vergini, i loro segni zodiacali: allegorie degli opposti astrologici, opposti come gli accostamenti proposti: morbido e rigido, drappeggio e solidità.Prada: lo stile personale è più importante degli abiti

Prada: “lo stile personale è più importante degli abiti”

Nessuno, più di Miuccia, riesce a rivelarsi sorprendentemente rinnovata e reinventata di stagione in stagione.

Il suo punto di partenza per questa collezione è che “la persona dovrebbe essere più importante degli abiti“. Ci sono troppi abiti, troppa scelta, troppo tutto. Mira così alla semplicità, che non equivale a fare di meno. Gioca con il concetto di pretty, femminile, semplice, è come se andasse a togliere invece che a sovraccaricare, a spogliare invece che coprire.

Ferragamo e la sua estate italiana

Ferragamo ha finanziato il recente rifacimento della Fontana del Nettuno di Firenze, così Paul Andrew ha scattato fotografie della famosa statua in marmo della fontana e le ha ricreate come una stampa per tute e camicie da campo. Poi, ispirato da una foto di se stesso e di suo fratello da ragazzini in vacanza, Andrew ha voluto evocare lo spirito rilassato dell’estate in Italia. La pelle, da sempre patrimonio di Ferragamo, si accompagna al ritorno dei costumi da bagno, scomparsi dalle passerelle Feragamo da circa un decennio.

“Gucci Orgasmique” pone fine alla Guccification

Lo show si apre con 21 modelli in total white su una passerella mobile. E’ il momento della purificazione, siamo pronti a goderci il futuro firmato Gucci. Un futuro non esattamente inedito, che trae spunto dai codici estetici della Maison, riproposti in forma nuova. Il Direttore Creativo Alessandro Michele ci ha abituati fin da subito al citazionismo, allo stravolgere e al riabilitare licenze poetiche. “Ho paura di annoiarmi” ha dichiarato al termine della sfilata, ragion per cui si allontana da riferimenti ricorrenti quali esoterismo, barocco, accessori esagerati, facendo leva sul togliere piuttosto che sull’aggiungere.

Con le etichette “Gucci Orgasmique” cucite sulla superficie di molti abiti, lo spettacolo sembrava dedicato non tanto, come in precedenza, agli anni ’70, né al familiare aspetto nerd di Gucci, ma sembrava riferirsi all’era di Tom Ford negli anni ’90: “Volevo rendere gli uomini sexy. Mi piacciono le cose che non sono facili da capire, che sono sexy.”
L’allusione al sesso è frequente ma resta allusione.

Versace, inevitabilmente, feat. J.Lo

Donatella celebra l’iconico jungle-green dress e la nascita di Google Image Search.

Se c’è un abito che ha segnato il nuovo millennio è il Jungle Dress, disegnato da Versace nel 1999 e indossato da Jennifer Lopez ai Grammy Awards del 2000. Pochi veli di chiffon di seta verde smeraldo sono bastati per mandare in tilt Internet. Quell’abito, disegnato per lei da Donatella Versace, aveva mandato in tilt il web. Tutti cercavano la fotografia, tutto volevano vedere le immagini di Jennifer Lopez su quel red carpet, e Google si trovò nella necessità di riuscire a soddisfare, se non allora a partire da un futuro prossimo, la ricerca precisa sulle immagini.

Fu in quel momento che ‘nacque’ Google Images, oggi strumento quotidiano per navigare attraverso il world wide web solo attraverso le fotografie e le illustrazioni. JLo ha indossato il Jungle Dress in una nuova versione, per Donatella Versace, regalandoci il picco mediatico della MFW SS20. 

Borsalino & il design Art and Crafts

La collezione SS 2020 di Borsalino si ispira all’Arts and Crafts, il movimento artistico nato in Inghilterra alla fine del XIX secolo che segna l’inizio del ceto medio e la nascita del design. Rafia crochet, panama dipinti a mano, mix di intrecci di canapa e cotone, treccia carta, quindi denim oltre a tutte le finezze di Panama e Montecristi si alternano in 160 spettacolari modelli. In alcuni casi si deve proprio parlare di gioielli per la testa, grazie alla tiara di metallo che impreziosisce la cinta oppure alle spille da cappello staccabili o tradotte in patch. Ci sono fez e fedora, il classico Panama estivo e l’irriverente Baseball in cotone con visiera di plexiglass. Poi c’è la bustina interamente rivestita di microperline, un omaggio al modello indossato da Karl Lagerfeld nei primi anni Ottanta. Infine il turbante in seta, compagno inseparabile di donne squisitamente chic come Elsa Schiaparelli.

Stella Jean e la sua Via della Seta

Per la collezione SS20 Stella Jean ha collaborato con l’incredibile realtà dell’Emerging Pakistan, interfacciandosi con la comunità Kalash: un’antica popolazione per la quale il governo ha assegnato uno straordinario programma di salvaguardia, protezione e recupero, considerando che oggi conta, purtroppo, solo 3000 persone. La missione di Stella Jean si è concentrata sui loro speciali abiti ricamati magnificamente a mano, e con stampe e dipinti presi dalla truck art, una caleidoscopica arte regionale, dipinta a totale decorazione dei bus locali. Vera e propria pop Art Pakistana. La via della Seta, storico trait d’union tra Italia e Pakistan viene raffigurata sui capi in seta, da un GPS ante litteram totalmente sostenibile e necessario alla sua percorrenza: le costellazioni.