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Oggi ho avuto il piacere di parlare con il giornalista Paolo Marchi, persona diretta, schietta e occhio attento sul mondo dell’enogastronomia. Ci ha dato il suo parere sul periodo che stiamo vivendo e sulla crisi che il mondo dell’enogastronomia si troverà ad affrontare.

Mi parli un po’ di lei. Dove è nato, dove vive, i suoi studi, la sua carriera.

Sono nato a Milano nel 1955 e vi vivo da sempre. Non vedo un’altra città italiana dove vivrei altrettanto bene, almeno fino a quando non andrò in pensione da me stesso. Quando avverrà mi dividerò tra Grottammare nella Marche e Presicce in Salento. Gli studi sono quasi inesistenti,dopo una normalissima maturità scientifica, non ho mai concluso gli studi di Lettere Moderne, ho preferito di gran lunga lavorare nel giornalismo sportivo. La carriera? Molto essenziale: 31 anni al Giornale, dal 1980 al 2011, tantissimo sport e molta gola. Nel 2004 ho avuto l’idea di creare Identità Golose che sviluppo tuttora, compreso uno spazio per eventi e conferenze che accoglie anche un ristorante vicino al Teatro alla Scala a Milano. Quanto al congresso, la prima edizione accolse la Sicilia come Regione Ospite con superbe lezioni di Corrado Assenza, Accursio Craparo e Ciccio Sultano.

Siamo stati obbligati per una giusta causa a rimanere a casa, come sta affrontando questo momento?

Un po’ come tutti penso. Sto mettendo ordine nelle cose, almeno ci provo, perché sono un accumulatore seriale. Lavoro al sito e ai progetti. Purtroppo non posso recarmi al ristorante e viaggiare, così prendo appunti su cosa fare di importante quando torneremo a vivere all’aria aperta.

Il congresso Identità Golose quest’anno avrà come tema il “Senso di Responsabilità”, mai come oggi è un concetto così attuale. Ci spiega come intendete organizzarvi?

Come abbiamo sempre fatto, con estrema cura e un’attenzione incredibile per ogni dettaglio. Il nostro senso di responsabilità ci porta già ora a pensare come spiegare al pubblico che va ripensata la ristorazione, che non si tratterà giusto di alzare le saracinesche e distanziare giusto un po’ tavoli e sedie.

Oggi purtroppo il nostro paese sta vivendo un momento estremamente difficile, crede che il governo possa fare di più per il vostro settore?

Può fare solo di più avendo nel tempo, da sempre in pratica, ampia dimostrazione di non sapere cosa mai sia la ristorazione di qualità. I locali considerati alla stregua di limoni da spremere con le tasse e gli chef esibiti come trofei nelle conferenze e usati nei video per fare pubblicità al made-in-Italy, salvo non ascoltarli quando si tratta di affrontare i problemi della categoria.

Che l’Italia sia il fiore all’occhiello nell’ambito enogastronomico è assodato. Ma l’inattività prolungata finirà per mettere in ginocchio molte realtà. Noi comuni cittadini crede che possiamo fare qualcosa per aiutare queste aziende?

Sì, andando al ristorante quando riapriranno, fare esattamente quello che si faceva prima. Anzi, farlo con maggiore attenzione. Basta buttare via soldi con cuochi e cucine mediocri, basta apericene svuota bidoni e frigoriferi, basta all you can eat. Poi sarà inevitabile che non riapriranno almeno un centinaio di stellati su circa 370, in pratica quelli che avevano puntato tutto sulla clientela straniera, mediamente ben più ricca di quella italiana. Incontreranno minor fatica i posti a conduzione famigliare e magari tanti di quelli con solo personale a libro paga ridurranno fino all’anno prossimo il numero di proposte in carte e i giorni di apertura.

Cosa si sente di dire a tutti gli operatori del mondo della ristorazione? Di essere più solidali tra loro.

Parlare con Paolo Marchi è sempre molto entusiasmante, c’è molto da imparare da lui. Ci auguriamo che presto possa tornare il sereno e che tutti possiamo ritrovarci seduti a dialogare, stavolta, davanti a un buon bicchiere di vino.