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Franco Arminio ha scritto: «I sogni. Nessuno sa come andrà a finire. Dipende da ognuno di noi, dipende dalla verità che proteggeremo, dai sogni che proveremo a realizzare. É ora che ognuno stenda il suo sogno sulla tavola del mondo. I sogni non prendono spazio ma lo danno»

Queste parole scritte, inevitabilmente, ci fanno pensare a Maria Vera Ratti, a quello che sarà nel futuro. La recitazione è quel mestiere che ha scelto tra mille e come un equilibrista, non solo cammina pian piano sul filo del suo percorso artistico, ma delinea ed evidenzia il suo destino di attrice e donna.   Ne ‘Il commissario Ricciardi’, la sua Enrica guarda il mondo da una finestra, in attesa di vivere quella vita da scoprire. Maria Vera, invece, afferra con grazia ed armonia storie e personaggi. Ad ispirarla c’è Saoirse Ronan, mentre il tempo le ricorda quanta magia c’è nell’imparare a far combaciare pezzi di vita, passo dopo passo.

Come descriveresti Enrica, il tuo personaggio nella serie “ Il commissario Ricciardi”? 

É una ragazza forte ma allo tempo estremamente dolce. Una dolcezza che deriva da una forte empatia, sensibilità e rispetto verso il prossimo, che anche inseguendo i suoi sogni, lei non calpesta mai. Ha 24 anni e sta cominciando ad affacciarsi al mondo. Ha vissuto la maggior parte dei suoi anni in una bolla domestica dove ha passato tanto tempo a pensare e immaginare la vita senza viverla al di fuori della quotidianità domestica.

In che modo ti sei avvicinata ad un’epoca come quella del 1932 per dare voce a questa giovane donna?

Attraverso i costumi soprattutto, la lingua, gli arredi e la delicatezza dei sentimenti di Enrica, che raccontano un tipo di introspezione che ti fa vedere il mondo in modo diverso.

Cosa ti affascina maggiormente di una serie del genere, così ben costruita e di spessore?

Al di là del risultato, il lavoro e la resilienza di tutte le persone coinvolte.

Tra i tuoi recenti lavori, emerge il film “ Miss Marx” di Nicchiarelli. Che esperienza hai vissuto quando hai preso parte a questo progetto cinematografico?

Ho fatto un ruolo piccolissimo su Miss Marx, ma ne ho parlato per settimane come se avessi fatto il film con loro dall’inizio alla fine. È stata la mia prima volta sul set di un film. Era tutto bellissimo. C’era un’energia, un senso di calma, di concentrazione e una squadra di persone veramente sul pezzo, profonde e ben collaudate. Non volevo andarmene più.

Negli ultimi mesi, ti sei destreggiata su vari set. Quali sono le consapevolezze ed i traguardi che professionalmente pensi e speri di aver raggiunto? 

Più consapevolezza mi sembra di aver raggiunto, più capisco di doverne raggiungere altra.  É un lavoro per maratoneti e nel momento in cui credi di aver capito qual’è la ricetta hai già perso. Bisogna continuare a scoprire modi nuovi con curiosità e con determinazione, senza auto compiacersi, altrimenti artisticamente non si va avanti.

Cosa significa per te “recitare”?

È l’unico modo che ho trovato per dire la verità.

Quali sono le tue attrici e le donne che quotidianamente ispirano la tua vita?

In questo momento come attrici: Saoirse Ronan e Rooney Mara. Come donne, ti direi: Meghan Phelps-Roper, Oprah e Maya Angelou.

Che valore ha, per te, la bellezza e in che modo si collega al tuo mestiere?

A volte aiuta, a volte meno. Bisogna usarla se è funzionale a film, altrimenti farne a meno ti renderà ancora bella perché più efficace nel raccontare la storia.

Invece, che rapporto hai con la moda?

Ne sono affascinata. A volte, mi sembra di capirla. Altre, invece, faccio disastri.

Sui social, emergono alcuni tuoi scatti da bambina. Se chiudi gli occhi: quale è il ricordo più bello della tua infanzia che conservi nella tua memoria?

Quando i miei genitori hanno portato a casa il mio cane.

Ma chi è Maria Vera e come si descriverebbe a chi non la conosce?

Una ragazza a cui piacciono le persone, a cui piace tanto ridere e far ridere, che spesso pensa troppo e altre troppo poco.

Cosa hai scoperto di te stessa nell’ultimo anno?

Che quando ti sforzi di volerti bene alla fine tutto si incastra.

Foto di Francesco Ormando