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Damien Hirst in mostra alla Galleria Borghese di Roma con 80 opere esposte in tutte le sale, accanto ai capolavori di Caravaggio

Damien Hirst, Neptune [Nettuno], Bronzo blu. Collezione privata. Ph. by A. Novelli (2011)

Chi è Damien Hirst:

Per riprendere una citazione di Gustave Flaubert “Se c’è sulla terra e fra tutti i nulla qualcosa da adorare, se esiste qualcosa di santo, di puro, di sublime, qualcosa che assecondi questo smisurato desiderio dell’infinito e del vago che chiamano anima, questa è l’arte.

Quando pensiamo all’artista inglese dobbiamo immaginare di intraprendere un viaggio nell’intimo più nascosto dell’animo umano, di camminare tra la vita e la morte, sempre pronti ad un colpo di scena. Ad un improvviso mutamento. L’artista, nato a Bristol nel 1965, è tra i più importanti nomi dei nostri tempi. E’ la morte ad acquisire un ruolo centrale nella opere di Hirst, diventandone il tema universale al quale fa riferimento. La morte è per l’artista pura fonte di ispirazione. Eliminando paura e dolore, fa emergere gli aspetti più nascosti di essa. Hirst da’ vita dunque ad istallazioni che mettono insieme scultura, pittura, arte ed esplorano la morte ma anche la vita, i sentimenti, l’amore e l’incertezza, in maniera totalmente non convenzionale e contraddittoria. L’artista ottenne una fama planetaria per aver messo in una teca uno squalo in formaldeide, mettendo così il pubblico di fronte alla morte e alla sua ferocia. Il titolo dell’opera è “The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living”, ossia l’impossibilità di concepire la morte quando siamo vivi. Hirst rivela dunque il proprio senso barocco della morte, ove il terrore del baratro diventa uno spettacolo per stupire e colmare quell’angoscia. Non a caso, lo dimostrò esponendo un cranio “For the love of God” ricoperto da 8.601 diamanti nello Studiolo di Francesco I de’ Medici a Palazzo Vecchio a Firenze, abbagliante memento mori e allo stesso tempo enorme investimento finanziario.

Mescolando vita e morte, ricchezza e povertà, Hirst unisce narrazioni e concetti, realtà e finzione, andando oltre qualsivoglia categoria. Il risultato finale sono opere di indiscutibile unicità. Installazioni, dipinti e sculture pervasi di magia esplorano le relazioni tra arte e bellezza, vita e morte, religione e scienza.

La mostra:

Affianco ai capolavori permanenti della statuaria romana classica, della pittura italiana del Rinascimento e di quella del Seicento, affianco a Canova e Bernini, ecco che bronzo, malachite, corallo, cristallo di rocca, compongono i capolavori di Hirst, completando e arricchendone le molteplicità già presenti.

“Cerberus (Temple Ornament) ”, Collezione privata. (2009) Foto A. Novelli © Galleria Borghese

La mostra, presentata martedì 8 giugno presso la Galleria Borghese di Roma, rende omaggio a uno degli artisti più rivoluzionari e geniali di sempre, Damien Hirst. Composta da più di 80 opere tra sculture e dipinti, dalla serie “Treasures from the Wreck of the Unbelievable”, esposta per la prima volta a Venezia a Palazzo Grassi (2017) e a Punta della Dogana. Troviamo Children of the Dead King, la Grecian Nude col Ratto di Proserpina e la Golden Doors, oltre alle tre teste di Medusa (in bronzo, in oro e in malachite verde), che fanno compagnia ai capolavori del Caravaggio, dal Giovane con canestra di frutta a un Bacchino malato da San Giovanni Battista a David con la testa di Golia, la Madonna dei Palafrenieri e San Girolamo. Un percorso espositivo unico che si rivela attraverso le meravigliose sale della Galleria Borghese.

Ecco che l’arte finalmente riparte, più forte di sempre e il suo valore inestimabile risplende nuovamente agli occhi del pubblico.

L’esposizione, a cura diAnna Coliva e Mario Codognato, presenta inoltre alcuni dipinti presi dalla serie di Hirst “Colour Space” (2016). Quest’ultima vede l’infiltrazione, come dice lo stesso Hirst, di “elementi umani”. Come fossero “cellule al microscopio”, tali opere si fondono tra loro, contraddicendo la stasi che mostrano in apparenza.

“Fern Court” (2016) Collezione private, e “The Skull Beneath the Skin”, Collezione privata. (2014) Foto A. Novelli © Galleria Borghese

“Hydra e Kali”, l’unione tra una donna dalle molte membra, la dea Ecate, e un serpente a sette teste che lottano tra loro è la vera sorpresa. E’ l’unica scultura, colossale, ad essere ospitata nello spazio esterno del museo, ovvero nel Giardino Segreto dell’Uccelliera. E’ il caso di dire, straordinario.

Spostandoci da una sala all’altra, è come se il tempo si annullasse nello spazio della collezione. Tocchiamo con mano la sopravvivenza dell’antico, il confronto con gli stili del passato e con l’immagine mitica del nostro presente. Questa è l’arte di Hirst.

Il progetto della mostra è stato reso possibile grazie all’importante supporto di Prada, griffe da sempre mossa da un forte interesse verso la cultura, l’arte, l’architettura, la filosofia e alla ricerca di nuovi stimoli creativi e di nuovi linguaggi contemporanei. All’interno del museo Romano, i capolavori di Hirst fanno l’amore con le molteplici tecniche ed invenzioni preesistenti, con i materiali ed i colori che caratterizzano le opere leggendarie della Galleria, casa del Cardinale Scipione Borghese, personaggio noto per il suo desiderio di multiformità.

Esporre sculture diventa narrazione che miscela miti: quelli orientali si uniscono alla mitologia classica. Come in tutte le narrazioni “fantasy”, non conta solo ciò che si vede ma ciò che ci si immagina osservando. Ecco dunque che antico e contemporaneo, realtà e sfrenata fantasia si incontrano e danno vita ad visionario dialogo fatto di meraviglie. E di anima.