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Anni Luce: l’ultimo film di Tiziano Russo. Ci puoi raccontare qualcosa del film e di Edo, senza spoilerare troppo?

“Noi Anni Luce” è la storia di Elsa e Edo, e di un amore legato dalla malattia: i due si incontrano in un ospedale dove Edo oltre ad essere un paziente è infermiere e animatore nel reparto di oncologia pediatrica, ed Elsa è appena arrivata. Nasce una scintilla tra i due che evolve in un rapporto fatto soprattutto di tanti momenti di leggerezza, che rifulgono di quella luce tipica degli anni insostituibili del tramonto dell’adolescenza e del passaggio all’età adulta. Edo la accompagnerà alla ricerca del giusto donatore, ossia suo padre, che lei non ha mai conosciuto. Il mio personaggio si presenta dolce, ma anche molto burlone e cinico: si permette di sognare, ma solo perché ben radicato con i piedi per terra. Sono molto felice della magia che siamo riusciti a costruire sul set, in particolare nel rapporto con Carolina Sala e Tiziano Russo, con i quali si è lavorato in maniera empatica, professionale, e con profondo rispetto: spero che in sala arrivi anche solo una parte delle belle emozioni che abbiamo provato girando questo film, e che chi lo guardi vi si abbandoni come abbiamo fatto noi scena per scena.

Photographer: Erica Fava, Stylist: Sara Paolucci, Assistant photographer: Carolina Smolec , Groomer Ilaria Iannaccone, Ufficio stampa: @lapalumbocomunicazione, Location: ISFCI @istitutosuperioredifotografia

Sei reduce da un successo incredibile come quello di SKAM e dall’interpretazione di un personaggio molto complesso, quello di Niccolò Fares, un ragazzo omosessuale che soffre di disturbo borderline di personalità. In una passata intervista hai dichiarato “Prima tendevo ad accantonare e superare vulnerabilità e fragilità, Niccolò me le ha fatte riscoprire come fonte di ricchezza enorme”. Cosa troviamo in Niccolò di Rocco? E cosa rimarrà in Rocco di Niccolò?

Il tema della vulnerabilità è senza dubbio centrale: un personaggio come Niccolò mi ha permesso di cercare e portare in superficie la parte più dolce e innocente che c’è in me, quella volendo anche più ingenua in senso positivo, dalla quale mi sono fatto guidare per portare alla luce i giusti colori del personaggio, e la sua estrema sensibilità, la quale è ormai parte di me, ed è indispensabile per il mio lavoro. Inoltre questo ruolo mi ha spinto ulteriormente verso una maggiore presa di consapevolezza nei confronti della diversità, di tutte le diversità, anche le neurodiversità per esempio, come parte del grande disegno della natura, e come fonte inesauribile di ricchezza, di esperienze umane insostituibili con il loro personale e prezioso punto di vista sul mondo, la cui piena integrazione nella società e maggiore rappresentazione nei media, gioverebbe davvero a tutti.

Ti sei iscritto a medicina con l’obiettivo di avvicinarti al mondo della psichiatria. Sicuramente esplorare un personaggio come quello di Niccolò dev’essere stato molto interessante. Quanto questa passione è ancora viva in te? E come hai deciso di riversarla nella recitazione?

Per me la recitazione è sempre stata un po’ l’altra faccia della medaglia delle discipline che indagano la mente umana, poiché ad esse legata a doppio filo, che hanno da sempre esercitato grande fascino su di me. Recitare significa attivamente indossare un abito tessuto di indagini psicologiche, emozioni vive e stimolate, cercando quella scintilla che permette di essere irrazionali e perdere il senso del tempo all’interno di limiti razionali prestabiliti; è un processo creativo che trovo davvero stimolante e arricchente soprattutto quando dopo tanti sforzi ci si accorge di raggiungere alcuni obiettivi, in un percorso di automiglioramento davvero infinito.

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Un’altra tua passione è la musica, in particolare il pianoforte, in cui sei diplomato al conservatorio. Una passione che è iniziata prestissimo, ma che ora coltivi in modo più intimo. Hai mai pensato che potesse diventare la tua carriera?

La musica è sempre stata per me un rifugio personalissimo con cui dare sfogo alle emozioni e smettere di pensare. Nonostante il conservatorio e la faticosa formazione classica non ho mai pensato di perseguire una carriera da concertista, però compongo brani e non mi dispiacerebbe continuare ad indagare questa mia passione parallela, che mi ha anche insegnato tanto trasversalmente sulla recitazione.

Hai dichiarato che cerchi di scappare a Parigi il più possibile, vivi a Roma il resto del tempo ma sei nato e cresciuto a Potenza e che ti senti profondamente meridionale. Dov’è che ti senti davvero a casa? E come ti tieni in equilibrio tra queste diverse realtà?

Sentirsi a casa è sempre stata un cosa un po’ difficile per me, non mi basta mai un posto solo. Devo dire di essere riuscito a trovare un equilibrio spostandomi tra Roma e Parigi, due città bellissime e molto diverse che mi regalano ogni giorno stimoli incredibili. Il meridione vive sempre in me, e mi ha dato la forza e i valori per affrontare un mondo molto più vasto che cerco di conoscere quanto più posso viaggiando sia per lavoro che per piacere.

Quali sono i progetti ai quali vorresti e speri di dedicarti maggiormente in futuro?

La speranza è quella di imbattermi in progetti di cui possa innamorarmi, perché è sempre stato fondamentale per me per dare il 100% di me stesso, o comunque progetti che mi permettano di affrontare personaggi psicologicamente complessi, che trovo i più adrenalinici e costruttivi di tutti.