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Una Venere Isolata è il romanzo d’esordio di Monica Re

Autrice novella, ma esperta cantastorie – o storyteller, come il marketing contemporaneo definisce chi mette la propria scrittura creativa al servizio del talento di altri, Monica è la fondatrice e presidente di Studio Re Media Relations, agenzia milanese indipendente. La sua cultura è sorprendentemente anticonvenzionale: getta le sue radici nella moda, per poi evolversi attraverso il beauty, il design, l’esoterismo, fino a perfezionare un linguaggio interdisciplinare, in grado di far dialogare il mondo del fashion con il mistico. Fra biografia astrologica (quella Venere isolata è presa in prestito dal suo tema natale), aneddoti professionali, e la voce degli Dei incontrati lungo il percorso, l’autrice eleva la moda a strumento di evoluzione. Una Venere isolata è una favola contemporanea e surreale ambientata nel mondo della moda, ma narrata attraverso i filtri delle percezioni sottili, con un’estetica Gothic Western.

Cosa c’entra l’astrologia con il lancio di una nuova collezione? Valentina, madre ed imprenditrice, irrequieta e a tratti visionaria, dialoga con i mille volti intorno e dentro di sé, trasformando le tappe dell’organizzazione di una sfilata in un thriller psico-magico. La protagonista, come una moderna Alice nel paese delle Meraviglie, oltrepasserà lo specchio proprio quando, sotto ipnosi, riuscirà ad assottigliare quel confine che crediamo possa esistere fra reale e sogno. Il lavoro di comunicazione per la nuova collezione del designer Alessandro De Lucchi darà il via ad una danza di coincidenze che rimescolerà le forze in gioco; sarà allora possibile ricominciare da dove tutto ebbe inizio. Una Venere isolata è un viaggio oltre la consueta percezione che abbiamo del mondo della moda. E’ un romanzo di formazione, reso tale dall’evoluzione della protagonista, che mette parte della propria biografia astrologica al servizio di un messaggio più grande. L’abito diventa un involucro da saper vestire non solo come un indumento, ma anche come un talismano, perché è “in grado di trasformare la percezione che abbiamo di noi stessi, facendo emergere talenti dimenticati, profondamente salvifici” come dice l’autrice.

“Quando ho cominciato a scrivere non avevo idea di dove sarei andata a parare, né se sarei stata in grado di concludere la mia opera. Per me non si tratta “solo” di un romanzo. Rappresenta piuttosto un viaggio interiore alla ricerca dell’Eudaimonia. La manifestazione del mio Daimon.” afferma Monica.