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Fatto a mano, dipinto a mano, vestire arte, questi sono alcuni dei cardini della filosofia Cividini, che con sapienza fa un piccolo salto indietro nel tempo, e riprende le tecniche usate fino a qualche anno fa per le sue produzioni, tecniche minuziose, sartoriali, che dimostrano quanto l’innovazione abbia radici nella tradizione.
Abbiamo incontrato Piero Cividini, fondatore di Cividini (insieme a Miriam) e ci ha raccontato come vive un brand in continua evoluzione, ma che sa restare sempre un po’ lo stesso.

Cividini basa il suo successo sulla valorizzazione del fatto a mano, del know how italiano, dell’artigianalità, tutte componenti che caratterizzano le vostre collezioni. Quali sono invece capi chiave delle vostre collezioni?
Ci sono dei capi iconici, ma per come noi impostiamo il lavoro non ci sono dei pezzi che si ripetono, ogni volta cambiano. Lo stile rimane lo stesso, così come il concetto, e quindi il rapporto con il consumatore finale.

“Fatto a mano” è una capsule in edizione limitata di maglie interamente prodotte con antichi telai a mano. Maglie in filati pregiati, numerate e consegnate con un packaging speciale, quasi dei pezzi unici. Come nasce questa capsule?
La capsule “fatto a mano” nasce come un ritorno alle origini, quando abbiamo iniziato era la fine degli anni 80, facevamo maglie di cachemire con antichi telai di maglieria. Oggi gli abbiamo dato maggiore risalto, vengono consegnate con il nome di chi le crea e con tutte le informazioni sul prodotto, un modo per comunicare a chi acquisterà i capi che oltre al prodotto ci sono delle persone dietro, un’anima. Inoltre, essendo una tiratura limitata e numerata, rende i capi dei pezzi unici.

In un panorama in cui coesistono numerosissimi brand e proposte, qual è la chiave del successo Cividini?
Per noi la chiave del successo viene individuata nella maglieria, nell’artigianalità del prodotto; per la parte che riguarda la confezione, e quindi la linea completa di abbigliamento, il successo è legato al tipo di linea che abbiamo dato, al design particolare, con un occhio ai trend del momento, ma cercando sempre di mantenere una nostra identità, senza piegarci agli alti e bassi della moda.

La collezione primavera estate 2018 prende spunto dall’arte di Gauguin, dagli indumenti di Tahiti. Quanto è importante la contaminazione per tracciare un moodboard di ispirazione per voi?
Quando si comincia una collezione non si sa come partire, si considerano diverse cose. Per questa collezione è caduto l’occhio su un libro di Gauguin, dove i fiori hanno influenzato il gusto delle stampe, i colori, i tessuti e quindi l’abbinamento dei vari look.

Una tradizione portata avanti in un trentennio di successi, declinata in un design pulito in un’eleganza mai “urlata”. Lo stile Cividini è riconoscibile, quale sarà il prossimo passo?
Da quattro anni ad oggi abbiamo ripreso un vecchio progetto che avevamo accantonato: la collezione maglieria uomo. La stiamo riproponendo contattando dei vecchi clienti, e per un prodotto di nicchia come Cividini, in particolare l’uomo, ci sono degli spazi da cercare in un tutto il mondo, trovare l’interlocutore disponibile per il nostro tipo di prodotto, per un target definito.

Cividini man e woman, qual è la sfida più grande?
La collezione uomo è quella che offre più sfide, gli spazi di manovra stilistici sono molto limitati, e rinnovarci pur mantenendo la nostra identità, con l’uomo è più difficile rispetto alle collezioni donna. Per la donna invece si può osare di più, perché c’è un ampio spazio di prodotti, pur mantenendo la nostra filosofia.

Qualche anticipazione per la collezione autunno inverno?
Per la sfilata autunno inverno abbiamo proposto quadri, piccoli e grandi, dal punto di vista della presentazione, la sfilata ha proposto dei polsi con frange, con pellicce, visoni e intarsi, ma sempre complementi dei look iniziali, dettagli caratterizzanti che il consumatore finale può solo apprezzare.­