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Il brand Defaience è stato fondato nel Settembre del 2021 da Nicola Bacchilega, designer e progettista con un background che affonda le radici nella scultura e nell’arte della ceramica. Il marchio nasce dal desiderio del designer di dar vita ad un progetto innovativo, che facesse da fil rouge tra moda contemporanea ed heritage del passato. Il tutto, traendo ispirazione dal legame tra lo stilista e la sua terra natale, l’artigianato locale e l’arte della ceramica. Il risultato sono delle creazioni uniche che incarnano uno spirito rivoluzionario, sfidano stereotipi e guardano al futuro della moda, con un occhio sempre rivolto al passato.

Il 2021 è l’anno in cui lei ha deciso di fondare Defaience. Come nasce questo progetto e quanto del suo background tra moda e arte ha contribuito a formare un’identità precisa del brand?

Defaience nasce dal desiderio di volermi raccontare: ho voluto unire la mia ricerca di artista, designer e scultore alla tradizione di Faenza, la mia città, e alle maioliche, tipiche di qui. Ho pensato al termine “defaiance”, che in inglese significare rivoluzionare, e “faience”, ovvero una tipologia di ceramica di Faenza. La crasi tra queste due parole mi è sembrata perfetta. L’obiettivo del mio progetto è stato, sin dall’inizio, quello di creare un’identità solida e un dna che fosse riconoscibile. Sono partito così da alcune sculture da me realizzate sull’anatomia del corpo di una donna, che rappresentano la divinizzazione, e ho creato la mia prima collezione: “Faiance”, incentrata sull’oro e il bianco, i due colori principali. Dalle sculture hanno preso vita forme organiche divenute gioielli. Molto deriva dalla ricerca di stilista e artista ma anche dall’ispirazione tratta dalle brocche faentine, così come dalle silhouette tipiche degli artisti degli anni ’60.

Il brand dà vita ad un connubio perfetto tra artigianato italiano, moda e arte della ceramica: il risultato è un connubio perfetto di accessori perfettamente moderni e all’avanguardia. Quali sono stati gli obiettivi che si è posto sin dall’inizio, e quelli che si pone tuttora?

Si, i miei gioielli sono come delle piccole sculture. Parto da forme realizzate in ceramica, le scannerizzo attraverso la tecnica del 3D e le trasformo in gioiello. L’obiettivo è quello tentare di rivoluzionare la gioielleria e il mondo dell’abbigliamento, unendo arte e moda, non dimenticando mai le tradizioni ma guardando al futuro attraverso l’utilizzo di tecnologie innovative, all’avanguardia e materiali il più possibile sostenibili.

Le sue collezioni incarnano un’allure fuori dal comune e quasi rivoluzionaria. Come definirebbe la sua visione creativa?

Definirei la mia visione creativa “all’avanguardia”. Mi piace molto sperimentare. Trovo il concetto di sfida, e quindi la cosiddetta “defaiance”, motore assoluto del brand. Ritengo che anche nei momenti nei quali ci si sente persi, si possa trarre qualcosa positivo. Ti racconto un aneddoto: quando Faenza è stata sommersa dall’alluvione, ho perso il mio studio, sommerso da 6 metri di acqua. Un avvenimento alquanto traumatico, come si potrà immaginare…ma questo ha fatto sì che in me nascesse il desiderio di volermi reinventare e di ricominciare. Da qui la mia nuova collezione:  “Anqa”, che prende il nome dalla fenice araba, che è simbolo di rinascita.

Tradizione e progresso. Heritage e nuovo. Cosa significano per lei questi concetti?

La tradizione è qualcosa di fondamentale per me, significa guardare al passato con un occhio di rispetto, perchè quello che è stato fatto un tempo rappresenta ciò che siamo oggi. Mi ritengo curioso nel voler conoscere culture nuove, sperimentare diversi spunti creativi, rinnovarmi, sempre attraverso la ceramica e l’argilla. Guardo al futuro ma sempre tenendo a mente il passato. E’ di fondamentale importanza quindi l’armonia tra passato, presente e futuro.

Ogni pezzo è unico e realizzato interamente a mano. Ci spieghi il processo di creazione e la tecnica in 3D.

Parte tutto dalla “tecnica del cartoccio”: si utilizza una sfoglia di argilla che viene modellata e ci permette di ottenere una forma da lavorare poi sul corpo di una modella. Da li viene scannerizzata, digitalizzata e parte la lavorazione digitale dell’opera, attraverso la quale si possono sviluppare varie forme. Il processo consente di arrivare ad un file stl, ovvero un file digitale del gioiello, che viene stampato con la tecnica del 3D in una resina a base d’acqua. Successivamente, attraverso una tecnica che si chiama elettroformatura, avviene la lavorazione e la placcatura in vari tipi di galvani. Per quanto riguarda invece l’ultima collezione, “Daimon”, i gioielli sono statti realizzati in argento, creando una forma in cera e poi utilizzando la tecnica a fusione a cera persa, dunque una tecnica diversa dal 3D.

Quali sono, a suo avviso, le caratteristiche fondamentali che un brand giovane oggi dovrebbe avere?

Per un brand giovane oggi non è certamente semplice portare avanti un proprio progetto in maniera indipendente. Personalmente, mi reputo molto fortunato. Credo che sia importante avere e mostrare personalità, che il brand sia autentico e aperto all’innovazione e alla sostenibilità. Non è sicuramente un passo che si fa dall’oggi al domani, ma si può iniziare ad essere sostenibili scegliendo con chi collaborare, materiali da utilizzare, o di produrre in minime quantità, dando valore ad un concetto per per importante, quale il “cross-seasonal”, ed evitando quindi la sovrapproduzione.

E i suoi punti fermi per il futuro, nella carriera e nella vita privata?

Tra gli obiettivi futuri sicuramente vi è quello di realizzare una linea di borse, oltre ai gioielli e all’abbigliamento. Così come lavorare all’oggettistica, magari mettendo in atto qualche collaborazione con laboratori o artigiani locali. I progetti e le idee sono tanti. A livello personale, vorrei poter avere la possibilità di viaggiare sempre di più, per ampliare la mia visione creativa e dare maggiore valore e ricerca al brand.