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Stereotipi e archetipi considerati a lungo ordinari stanno subendo una battuta d’arresto. Una notevole evoluzione delle forme sta travolgendo la fashion industry.

Scardinare i pregiudizi legati a razza, genere e classe sociale. E’ questa la battaglia combattuta da troppo tempo, contro tutte quelle menti che non accettano che il mondo sia un luogo così straordinario, perchè contrassegnato dalle diverse peculiarità di ciascun individuo.

La moda svolge un ruolo importante nella bellicosa affermazione dei diritti individuali. E’ la detentrice del potere di sostenere e contrastare le questioni attuali, pilotando il gusto e le attitudini delle masse.

Una nuova generazione di designers sta sfidando l’industria della moda a pensare oltre il genere. Le loro creazioni provano a sradicare le categorie di menswear e womenswear, a favore del gender-crossing o del genderfluid.

Si consacra un modo alternativo di essere, fondendo il maschile al femminile.

Le ultime collezioni, in un clima di incertezza sociale e psicologica dovuta alla pandemia, hanno accentuato un esclusivo interesse per maggior fluidità. Operano attorno ad una serie di schemi che rompono l’esistenza di uno status quo stilistico, con capi al servizio delle esigenze personali e del comfort, insistendo sul fatto che non esiste qualcosa di “normale”.

La gonna ad esempio, è stata a lungo concepita per essere un indumento prettamente femminile. Questo non trova tutti d’accordo.

Molti sono i designers che tentano di raccontare una forma di mascolinità meno tossica e più autentica, facendo emergere le incrinature e le fragilità celate dietro a all’archetipo di un uomo tale, solo se forte e virile.

Come diceva Kanye West nel 2012, dopo aver indossato con orgoglio il kilt di pelle di Givenchy, creato da Riccardo Tisci: “chi decide cos’è veramente maschile e cosa non lo è?”

Marc Jacobs esibisce la gonna frequentemente nei suoi look, lanciando la collezione “Heaven by Marc Jacobs”. Con essa celebra la pansessualità e l’espressione libera da ogni identità di genere. Marc ha assecondato i bisogni delle nuove generazioni, la gioventù queer, la fantasia e i sogni a occhi aperti dei teenager. Ha creato una dimensione nella quale tutto è indossabile da tutti.

Comme des Garçons, Rick Owens e Thom Browne, o Random Identities, Charles Jeffrey Loverboy, Situationist e JW Anderson sono solo alcuni dei brand che disegnano gonne per uomo. Esse sono parti integranti e spesso costanti di ogni collezione menswear.

Virgil Abloh, direttore creativo di Louis Vuitton, nell’ultima sfilata per l’Autunno-Inverno 2021/2022, propone una riflessione sul significato degli abiti, sugli stereotipi e sui pregiudizi che li circondano. 

Harry Styles e Achille Lauro, vestiti sempre Gucci, non sembrano porsi limiti. Sono le icone di quella ideologia per cui la libertà di espressione è di gran lunga più importante del genere a cui si decide o meno di appartenere.

Perchè vestirsi con capi femminili non equivale a sentirsi tale o viceversa, ma può servire ad esprimere la propria identità senza barriere e costrizioni dettate dalle convenzioni sociali.

Alessandro Michele con Mx project per Gucci, propone da sempre di decostruire i preconcetti binari e mettere in discussione il modo in cui questi principi si collegano ai nostri corpi. 

E’ così che la moda, a colpi di decostruzione e visioni alternative, cerca di contribuire a quella rivoluzione, linguistica e stilistica, che tenta di accettare la fluidità dell’identità di genere.