Skip to main content

«Fatti, storie, fantasie, ciò che contava era averne fame e tenersele strette per quando la vita si complicava o si faceva spoglia. Credevo che mi potessero salvare, le parole». – Marco Balzano

Quando penso ad Alberto Malanchino penso al potere delle parole, a quelle che afferrano la nostra mente, catturano i nostri sentimenti, donano forza e spessore alla nostra esistenza. Le parole di Alberto Malanchino sono chiavi con cui apre le porte delle storie che racconta nel suo mestiere d’attore. Quelle storie reali, vere, limpide che, ogni giorno, trasforma in qualcosa di concreto, in una barca in cui poter salire ed esplorare la vastità dei nostri volti.

Come stai, Alberto?

Bene! É un periodo molto intenso sia da un punto di vista professionale che umano.
La pandemia e il lockdown non sono stati i migliori compagni di viaggio ma è stato un momento utile per fare ordine nella testa, cercando di dare priorità alle cose importanti. Ricominciare le riprese della seconda stagione di Doc- Nelle tue mani è sicuramente una fonte di energie molto importante. Siamo alla terza settimana di set e sta andando tutto molto bene. Il pubblico ci ha donato un grande apprezzamento. Abbiamo un grande e solido fandom. La sfida è quella di fare un prodotto di qualità che possa piacere alle persone. Adesso, l’asticella è sempre più alta e vogliamo fare del nostro meglio.

Dal 3 Giugno, sei su Netflix con la seconda stagione di Summertime. Come è stato tornare nei panni di Antony?

Per me, è stato elettrizzante anche perché Antony è una figura lontana da me, dato che abbiamo due età completamente differenti. Sicuramente, interpretarlo è stato una grande sfida attoriale. Si è creata una situazione un po’ magica, quando sono tornato ad interpretarlo. I vestiti, gli ambienti, in qualche modo, sono risuonati in me ancor di più. É stato come ricambiare pelle. In questa seconda stagione, le persone avranno la possibilità di conoscere più a fondo tutta la storia di Antony.

Antony è un padre molto particolare da interpretare. A chi ti sei ispirato per interpretarlo?

In questo lavoro, hai la possibilità di ricomporre i pezzi di un puzzle, quasi come un detective. Prendi spunto da tante situazioni diverse. Ho attinto anche dalle mie esperienze da figlio, poi da fratello, essendo il maggiore. Tutto ciò si è sposato bene con alcune scene ed alcune dinamiche importanti. Nella prima stagione, il mio personaggio era un padre assente ed ho cercato di giocare sul fatto di dovermi inserire all’interno di un cast già consolidato. Questa cosa mi ha dato la possibilità di chiedermi: Come posso inserirmi all’interno di un gruppo di persone già affiatato? Questo parallelismo mi ha indubbiamente aiutato. E poi sono stati tutti meravigliosi. I miei colleghi mi hanno accolto molto bene, sono stati tutti così gentili.

Summertime è stata definita una serie teen. Credi che questa sia una serie solo per adolescenti?

Summertime ha una vastità di personaggi di ogni età, non solo personaggi adolescenti. Questa è la carta vincente per rendere la serie accessibile a tutti. Inoltre, Summertime racconta l’amore e la crescita, due tematiche che accomunano tutti gli esseri umani. Gli adolescenti scoprono l’amore in questo momento, anche guardando la nostra serie. Mentre le persone più grandi hanno la possibilità di immergersi in quei ricordi che hanno caratterizzato la propria vita.

In Doc- Nelle tue mani interpreti Gabriel. Quanto è stato importante, per te, raccontare un personaggio del genere?
Per me, è stato molto importante. Gabriel mi ha regalato la fortuna di poter interpretare un personaggio che è al di fuori degli stereotipi. Questo è stato un grande passo in avanti. Spero che sia il primo passo di una lunga serie. Gabriel è un personaggio meraviglioso, con un certo tipo di ferite, di ambizioni. Dal punto di vista dell’interpretazione, riuscire a toccare delle corde così profonde, è stato importante.

Le piattaforme come Netflix hanno rappresentato un grande porto sicuro per gli spettatori che hanno potuto guardare molte serie e vari film a casa, in un momento in cui il Cinema non poteva ospitarli. Quanto credi stia cambiando la narrazione della serialità?

La narrazione della serialità sta cambiando in modo esponenziale. Il mondo che ci circonda sta cambiando tantissimo. Basta vedere tutto quello che è accaduto negli ultimi mesi, come il movimento Black Lives Matter. Questi avvenimenti sono tutti connessi tra di loro e tu hai la percezione che quello che sta succedendo dall’altra parte del mondo, ti risuona e ti responsabilizza molto di più rispetto a dieci anni fa. In questo, le serie tv hanno avuto un grande impatto ed una grande sensibilità, ma anche una forte responsabilità all’interno di una società che cambia continuamente. Le storie stanno diventando anche molto eterogenee. Con l’inclusione hai la possibilità di dare voce a delle persone che non stanno all’interno di uno standard.

Mi piace immaginare gli attori come spettatori. Siete coloro che ci intrattengono continuamente, ma come noi siete spettatori. Quali sono le serie ed i film che ti hanno davvero affascinato nell’ultimo periodo?

Sono molto legato a serie non recenti. Per esempio, adesso, sto aspettando l’ultima stagione di Peaky Blinders. In periodo di lockdown, ho amato la serie Mad Man. Due settimane fa, sono tornato al Cinema per la prima volta e ho visto Nomadland, un film che consiglio a tutti.

Ho letto che il tuo amore per il teatro è arrivato quando eri in quinto superiore ed hai visto uno spettacolo al Teatro Leonardo di Milano dal titolo Le allegre comari di Windsor. Cosa è scattato in te?

Sono stato folgorato da questo mestiere e da quello che avrebbe potuto darmi in futuro: vedere le persone guardare degli squarci di vita su un palco e dargli la possibilità di immedesimarsi nelle storie che raccontiamo. Il cinema, il teatro e la tv ti offrono delle storie che ti fanno da specchio. Tutto questo mi emoziona tanto. Il palco, soprattutto, ha una dimensione di rito veramente importante all’interno della società. Come attori e come spettatori assorbiamo una funzione: quella di vedere una storia che si porta dietro un quesito, non ha la pretesa di rispondere a quel quesito, ma fornisce un approfondimento su quel tema. Quante volte ci capita tutto questo nel nostro quotidiano? Troppo poco. In questo caso, il teatro è benefico e salvifico.

Cosa ti piacerebbe raccontare sul palcoscenico?
Da interprete sono molto legato alle opere di Shakespeare. Sarebbe bello vedere i direttori dei teatri più aperti all’inclusività. Ancora adesso, sento una sorta di arretratezza. Tante volte, il colore della pelle incide sui ruoli teatrali da ottenere. C’è ancora poca centralità all’interno del sistema teatrale da questo punto di vista. Ma posso dirti che ho avuto anche la fortuna di interpretare delle cose a cui sono molto legato come per esempio il monologo Verso Sankara, dove ho raccontato una storia molto bella di un uomo che è riuscito a cambiare la storia del Burkina Faso.

Foto: Cinzia Capparelli
Styling: Delia Terranova
Make up artist: Renata Di Leone
Hairstylist: Diarra Sidibe

Look 1 – Manuel Ritz
Look 2 – Manuel Ritz
Look 3 – Tod’s