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Francesca Monaco, founder, assieme a Salar Bicheranloo, del brand Themoirè, ci ha raccontato la nascita di un progetto che non pone i trend e neppure la moda al primo posto, bensì la salvaguardia del pianeta e dell’ambiente che ci circonda. Le borse Themoiré sono infatti ecosostenibili e 100% made in Italy. Forti della loro esperienza nel mondo del fashion, i designer hanno deciso di dar vita ad un progetto che si facesse portavoce di un’esigenza comune: il raggiungimento di un futuro migliore per tutti. Progetto nel progetto: Together by Themoirè, programma che si impegna a favore di comunità in difficoltà ed in condizioni di vulnerabilità, al fine di dar loro lavoro e far conoscere l’artigianato locale.

Themoirè: partiamo dal nome del brand. Cosa significa?

Io e Salar, mio socio e co-founder del brand, lavoriamo nel mondo della moda da più di 15 anni. Alla fine del 2019, insieme, abbiamo deciso di voler realizzare un qualcosa di diverso e ci facesse sentire soddisfatti e sollevati, in un certo senso, di ciò che avessimo messo in commercio. Abbiamo deciso di concretizzare il nostro impegno rispetto alla responsabilità sociale, che abbiamo sempre avuto, e di creare un progetto a 360° che puntasse su questo. Il nome “Themoirè” deriva dalle mitologiche Moire, dee che intrecciavano i fili del destino. Noi invece diciamo che ci piacerebbe intrecciare i fili di un futuro più responsabile. Il messaggio che c’è dietro al progetto per noi è fondamentale, ancora di più del prodotto, fine a sé stesso.

Il progetto nasce da un’idea e un obiettivo di sostenibilità. Le borse sono interamente realizzate in materiali vegani e riciclati. Che peso ha, oggi, secondo voi il concetto dell’upcycling e della moda circolare nella società?

Sicuramente è il passo più difficile è la ricezione di materiali sostenibili. Ci sono categorie merceologiche che sono più avvantaggiate rispetto ad altre. I materiali naturali sono quelli su cui stiamo cercando di fare focus, in quanto anche rispetto al “fine ciclo” di un prodotto sono i migliori da utilizzare. Ad esempio, abbiamo scoperto che il sughero è uno di quei materiali che fa bene all’ambiente. Nel momento in cui viene tolta la corteccia dall’albero, esso non viene danneggiato bensì riesce ad assorbire 5 volte in più 5o2 rispetto a qualunque altro albero esistente in natura. Abbiamo utilizzato la rafia e la canapa e tutte le dust-bag sono in cotone organico, mentre il packaging è riciclato. Ecco, il riciclo è sicuramente un’altra parte fondamentale. L’upcycling, appunto. Le nostre fodere sono realizzate in plastica riciclata e il filo con cui cuciamo i prodotti è in nylon riciclato. Anche l’etichetta e ogni dettaglio delle nostre borse…Nel riciclo includiamo anche materiali innovativi come il tetra pak, composto da carta, plastica e metallo, tutti elementi molto difficili da separare. Noi abbiamo però avuto la fortuna di trovare un’azienda che ci è riuscita. Esistono poi materiali che derivano dallo scarto industriale della mela, dall’ananas, dal caffè o persino del cactuts: tutti materiali innovativi che si stanno pian piano sviluppando e che ci permettono di ottenere una circolarità diversa.

Quali sono le più grandi difficoltà riscontrate nel processo di realizzazione del brand, anche a livello di ricezione di materiali?

C’è ancora sicuramente tanto lavoro da fare, a livello di responsabilità sui materiali. Non esiste al momento una così grande vastità di materiali da utilizzare per intraprendere questo percorso. L’industria ci sta sicuramente lavorando ma è importante attuare un lavoro di continua ricerca, sui nuovi fornitori e accelerare la nuova filiera. É un sistema ed un sentire che si sta facendo sicuramente ogni giorni più consistente.

La moda sta realmente compiendo dei passi avanti in merito a temi quali sostenibilità ambientale, valorizzazione delle piccole e artigianali imprese, per un sempre maggior allontanamento dal fast fashion oppure no?

Senza dubbio vi è un’attenzione maggiore da parte di tutti, nella moda e non solo. In questo momento la sostenibilità è il topic principale. Noi, non utilizziamo quasi mai il termini “sostenibilità”. In quanto a nostro avviso è impossibile affermare che un brand lo sia al 100%, noi compresi. Si sta comunque immettendo sul mercato un prodotto nuovo, seppur fatto con le migliori tecniche e tecnologie o materiali riciclati. Piuttosto, ci piace utilizzare il termine “responsabilità”, sociale e ambientale. La moda sta cambiando ed è cambiata. Si sta iniziando a cercare una strada comune. Le grosse aziende si stanno impegnando anche nella singolarità. Dal loro punto di vista, sicuramente possiedono una forza maggiore a livello di comunicazione ma, da una parte, incontrano anche una maggiore difficoltà, rispetto a un brand nuovo o una piccola azienda, perché possiedono una supply chain già avviata con migliaia di persone che lavorano nella stessa maniera da sempre. Ci vuole dunque tempo per un cambiamento ed una trasformazione concreti. Themoirè possiede due parole chiave: vero e positivo. Noi crediamo in una comunicazione sincera e positiva. Dunque, per noi la comunicazione è stata sicuramente più facile e diretta sin da subito.

In che modo il brand intende raccontare una moda etica e responsabile? E qual è, a vostro avviso, concretamente il modo migliore per comunicare il vostro know-how?

Essere sinceri, comunicare sempre la verità ed in maniera positiva ed inclusiva: questo è il modo migliore. Nella comunicazione, nel target, nell’immagine, e nel prodotto. Chi compra Themoirè non viene da un target specifico: può essere una ragazza giovane come una signora di 50 anni. L’inclusività riguarda anche il prezzo, perché è importante anche questo aspetto, soprattutto per arrivare a delle generazioni che magari, in questo momento storico, hanno più difficoltà. I nostri pezzi hanno un prezzo relativamente alto ma allo stesso tempo accessibile, per essere 100% un prodotto made in Italy.

Raccontateci di più su “Together by Themoirè”: macro-progetto del brand, arrivato ormai al terzo appuntamento, con la presentazione della nuova collezione SS24 durante la fashion week.

Ci siamo sempre impegnato in progetti spot: durante la guerra in Ucraina abbiamo aiutato donne e bambini. Abbiamo messo il nostro impegno a favore di associazioni che operano contro la violenza sulle donne. Ma il progetto principale sul quale ci siamo concentrati è Together by Themoirè: lavoriamo a favore di una società condizione di vulnerabilità, per celebrare l’artigianato in giro per il mondo. Gli obiettivi del progetto sono 3: realizziamo una capsule insieme agli artigiani della comunità, dunque il primo focus è quello di generare lavoro. Il primo progetto che abbiamo realizzato è stato in Messico, post-covid, assieme alle donne che lavorano, nella giungla del Ciapas, tessuti con un telaio a cintura. L’intento è quello di far conoscere la loro eccellenza nel mondo. Con loro realizziamo uno shooting documentaristico con talent locali, per supportarli, e cerchiamo di far vedere ciò che loro realizzano. Dopodichè i prodotti vengono messi in campagna vendita ed il 100% dei ricavi del progetto viene donato alla comunità per realizzare un progetto all’interno della stessa. Il primo che abbiamo realizzato è stato quello di portare acqua potabile in 6 scuole rurali della giungla del Ciapas, in Messico. Il secondo lo abbiamo pensato in Madagascar, dove abbiamo aiutato un orfanotrofio di 250 bambini. Il terzo ed ultimo, appena presentato, in Colombia: con i ricavi andremo ad aiutare i bimbi disabili. Abbiamo realizzato il progetto in questo piccolissimo paesino al sud della Colombia, al confine con l’Ecuador, dove l’80% della popolazione sono tessitori e tessitrici. È il paese dove è nato il cappello Panama. I figli della maggior parte di loro sono disabili, soffrono di autismo o di problemi neurologici. Abbiamo quindi chiesto direttamente a loro quale sarebbe stato il progetto da poter realizzare insieme e loro ci hanno chiesto assistenza sanitaria per i bambini. È un progetto sicuramente complesso da realizzare, che incontra molte barriere, sia dal punto di vista linguistico che tecnico. In Messico, ad esempio, la comunità viveva ad un ora dalla cittadina più vicina che avesse una connessione internet. Pertanto la comunicazione tra noi e loro è ovviamente rallentata. Io e Salar ci rechiamo spesso direttamente nella comunità per vedere come vivono e renderci conto visivamente di tutto. Vogliamo lavorare su vari fronti. Non è facile ma per noi è impagabile. Ed è un progetto che piace moltissimo e che viene apprezzato anche dai nostri partner dei negozi.

Quali sono gli obiettivi non ancora realizzati che la moda di oggi, secondo voi, dovrebbe porsi rispetto al futuro? E i vostri?

Accelerare, a mio avviso, i tempi. C’è bisogno di una risposta immediata, di un inversimento sempre maggiore da parte delle aziende sulla ricerca. Per quanto riguarda noi, ci piace chiamare Themoirè “progetto” e non brand. I nostri sogni e obiettivi futuri sono tanti. Non vorremmo mai creare una collezione con 1000 capi perché crediamo non sia quella la strada giusta, bensì intendiamo continuate a creare delle capsule che sentiamo nostre e porci obiettivi a breve e lungo termine, come quello di iniziare ad ottenere una serie di certificazioni per noi importanti, come la PETA, in quanto brand vegano. A lunghissimo raggio mi piacerebbe poi riuscire a creare una sezione all’interno di Themoirè che si concentri sullo sviluppo dei materiali. Oggi, puntiamo su certificazioni da ottenere e su una categoria merceologica che rappresenti i valori del progetto. E sulla realizzazione di nuovi prodotti, che ora non posso svelarvi!