Skip to main content

Un grande regista un giorno disse: “Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio”. Federico Fellini. Qual è la sua personale visione ed interpretazione del cinema?

Credo la mia visione risieda nel comunicare la propria anima per arrivare a più persone possibili e condividere la gioia di vivere della vita. Ogni artista ritengo abbia bisogno di comunicare sè stesso, anche in maniera molto egoistica. Perché la verità è che c’è bisogno di tanto egoismo per poter fare cinema. Un egoismo strano, complesso, che si evolve e diventa poi condivisione e partecipazione, come diceva Gaber. Occorre dunque, chiaramente, che un artista, chi crea le storie e le produce, abbia dei momenti in cui possa chiudersi in sè stesso per potersi ritrovare e per poter mettere insieme una storia da raccontare e trasmettere a chi osserverà. È certamente un lavoro molto complesso. Tuttavia è al contempo bello e, soprattutto, fondamentale.

 

Nell’ultimo periodo, il cinema italiano e le platee sono entrati in crisi con gli spettatori. Di chi o cosa è secondo lei la responsabilità da attribuire al cambiamento?

È una domanda complicata. Stiamo vivendo un momento di mezzo e di cambiamento. Sono arrivate le serie e siamo circondati da contenuti di ogni genere. Dal lato inglese ed americano, la produzione cinematografica è continua e le piattaforme vengono riempite di lavori che, a mio avviso, per la maggior parte, non hanno alcun tipo di qualità ne di potenza. Faccio una metafora: un quadro di Caravaggio era meraviglioso secoli addietro, è bello oggi e rimarrà tale domani. La qualità delle cose è importante. Manca poi quel coup de théâtre, quell’idea poetica e il modo magico di raccontare le cose. L’emozione. Pensiamo ai film di vent’anni fa, ho rivisto recentemente “Matrimonio all’italiana” di De Sica. É un capolavoro ed è capace di commuovere ogni volta che lo si guarda. E allora oggi mi pongo molte domande, proprio in un momento di forte crisi di racconto. Spero solo si possa tornare a vivere delle storie e dei racconti dall’anima forte, potente ed intrigante.

 

Doppiatore e regista teatrale. La sua carriera, fatta di successi, comincia con il teatro, dove lo spettatore si fonde con il palcoscenico e le sue rappresentazioni. Qual è il vero valore aggiunto del teatro e quali sono le esperienze drammaturgiche che ricorda con maggiore orgoglio?

Da sempre ma oggi ancora di più, il live rimane sempre la cosa più potente che abbiamo. Il teatro è l’arte più antica ma allo stesso tempo più moderna in assoluto. Abbiamo bisogno di live, di vita, di contatto. Dopo la pandemia ancora di più le persone hanno voglia di vivere la vita e ciò che ci circonda dal vivo. Andare ai concerti, ad esempio. Si ha il desiderio di incontrarsi, di parlare e anche di criticarsi e di litigare. Di vedere grandi attori raccontare storie su un palcoscenico. Per quanto riguarda la mia carriera teatrale, ricordo con grande piacere gli spettacoli con Ugo Chiti. Soprattutto un personaggio, quello di Giovannino: un ragazzo con dei disturbi. Fu uno spettacolo che ebbe un grandissimo successo. Così come anche The Pride, con Zingaretti, con il quale facemmo due anni di stagione teatrale.

 

Ha lavorato con Zingaretti, Ridley Scott, Paolo Sorrentino ed anche Garrone. Quale esperienza ha attirato maggiormente la sua curiosità iniziale e quanto conta, a suo avviso, appunto la curiosità, sia da parte dell’attore che deve interpretare un ruolo, sia da parte dello spettatore e del pubblico?

Esiste una coesistenza tra il lavoro d’artista ed il lavoro in senso generale. Inutile nascondere che bisogna anche lavorare per guadagnare e dunque, a volte, bisogna anche accettare delle cose che magari non piacciono del tutto. Poi, esistono quei lavori che vengono scelti poiché dettati dalla curiosità di scoprire il progetto e cosa vi è dietro. La cosa più bella è proprio la curiosità, che porta poi l’artista a conoscere persone come ad esempio Sorrentino o tutti i registi citati. Personalmente faccio questo mestiere anche e soprattutto perché sono fortemente attratto da grandi personaggi come loro, che fungono da stimolo alla mia stessa creatività. Curiosando e girando per i vari set, si scopre poi che tutti questi grandi registi che sembrano creature estranee sono, alla fine, dei ragazzi come te. Che portano avanti un sogno proprio come fai tu. Si va avanti solo grazie alla propria e personale curiosità, intrinseca in ognuno di noi.

 

Arrivando ad oggi, fa parte del cast di Princess, film di Roberto Paolis che ha aperto il Festival del cinema di Venezia nella giornata di ieri. Ci racconti che esperienza è stata e quali sono le emozioni che ha vissuto per questo film.

Ho visto Princess, per la prima volta, qui a Venezia. Sono rimasto molto colpito perché Glory, la protagonista, è stata davvero un’attrice eccezionale. È una ragazza nigeriana, “presa” dalla strada ma che ha lavorato come avrebbe fatto un’attrice professionista, con onestà, capacità e grande spontaneità. Il lavoro fatto con Roberto sul set è stato fortissimo e molto duro. Dunque, la vera esperienza emozionale l’ho decisamente vissuta sul set.

 

Riguardo il futuro: cambiamenti e nuovi progetti?

Ci sarà una nuova uscita nel 2023, parliamo di una serie dal titolo Mr Ripley, regia di Steven Zaillain. Il mio ruolo è quello di un ispettore di polizia che dà la caccia al protagonista. Sto aspettando con ansia l’uscita della serie, il mio è un ruolo importante ed il lavoro fatto è stato enorme. Per quanto riguarda poi il futuro, non saprei cosa dire. Sicuramente, l’obiettivo primario è quello di cercare di leggere il proprio io e capire dove si vuole andare, cosa si vuole fare e raccontare. Andare a ricerca di un’esigenza, di quella voglia, quella forte passione che muove il tutto. In che modo non lo so, è un po’ il grande dramma di chi fa questo mestiere: cosa raccontare oggi e perché. In questo risiede la vera sfida. Oggi, mi godo il Festival, respiro aria di cinema, di festa ed auguro a chi vuole intraprendere, un domani, questo mestiere, di farlo senza paura e buttarsi a capofitto.

 

Credits:
Photo by Gianluigi di Napoli

Look: Giacca @gaelle_paris, pantaloni @sandro_paris