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Forza, seduzione, e senso di rinascita sono sue doti innate. L’ala di Hermes,  disegnata a Barcellona sul suo collo del piede, le conferisce equilibrio e saggezza, ed è il ponte tra la vita e la sua Arte, l’agilità e l’abilità nel cambiare direzione seguendo il flusso delle parti, spostandosi da un mondo all’altro con disinvoltura e che le fa spiccare ogni giorno il volo nella sua sala di danza dove con dedizione e tanta, tantissima passione attende le sue girls, per uno squeeze lungo sempre “troppi ultimi dieci”.

Valentina Schisa, classe 1986, partenopea, danzatrice, coreografa. Negli occhi ha il mondo che l’ha vista danzare sui palchi di mille città, ed oggi è anche la fondatrice di The Barre Technique, un nuovo training alla sbarra, intenso e faticoso ma che non lascia margini di errore: cambia il corpo delle donne.

 

In un post sul suo profilo Instagram, lei ha scritto “Il mio posto felice è dove posso creare, dove posso ballare, dove i sogni prendono forma e i limiti non ci sono”, ed in effetti lei qualcosa di grande lo ha davvero creato.Ci spiega che cos’è Barre Technique?
Quando ho fondato The Barre Technique non pensavo di creare una cosa così bella. Mia madre è una ballerina di danza classica, io sono nata e cresciuta in questo mondo che è ferreo e rigoroso, soprattutto se non hai un certo tipo di qualità fisiche. Per molti anni ho lottato con il mio corpo per cercare di raggiungere una certa estetica. Crescendo ed iniziando ad interfacciarmi con la danza contemporanea, ho capito che esisteva un’altra possibilità, non per cercare di cambiare, ma per potenziare quelle che erano le mie qualità.

Dopo un incidente e diverse fratture ho iniziato, quindi, a ricercare in training diversi quello che mi permettesse di allenarmi molto di più rispetto ad un altro ballerino, perché volevo ballare e non potevo rischiare di farmi male. La mia ricerca si è fermata quando in America mi sono approcciata a Barre, e ho visto il cambiamento sul mio corpo. Dopo averlo studiato, ho iniziato a modificarlo, perché volevo creare un allenamento per le donne, una community dove potersi allenare e al contempo interloquire con le altre su argomenti di cui spesso in Italia non si parla per l’esistenza, ancora, di una certa chiusura mentale su “problematiche” di cui le donne possono soffrire come, ad esempio, il recupero del pavimento pelvico a seguito di una gravidanza. Con Barre ho voluto creare un luogo sicuro per le donne e per me.

Dalle sue parole si evince come il suo sostegno all’universo femminile sia concreto e non effimero. Ogni giorno della sua vita è dedicato del resto ad insegnare loro che è più utile sostenersi che porsi l’una contro l’altra, e TBT non è solo un metodo di allenamento per modificare il proprio aspetto fisico, ma una finestra dalla quale affacciarsi e approcciarsi diversamente alla vita. Quando ha deciso che questa sarebbe stata la sua nuova missione?
Sono figlia di una donna che ha costruito tanto da sola, e che mi ha inculcato il concetto del fare, del credere, dell’andare sempre. Sostengo tanto le donne perché credo che insieme abbiamo il potere di modificare un certo retaggio culturale che ci vuole, obbligatoriamente, posizionate in una immagine predefinita. Vedo troppo spesso, invidia, cattiveria tra donne, alcune bellissime che non si sentono tali perché lontane da quel modello che, oggi in particolare, ci viene presentato dai social. Io stessa sono stata insofferente verso il mio corpo, ed invece c’è tutto un mondo da poter vivere in maniera diversa. Tra uomini esiste un altro tipo di cameratismo che a noi è sconosciuto, ed è questo quello che vorrei cambiasse. Dobbiamo imparare a compattarci, a sostenerci, accettando le diversità che sono patrimonio di ognuna di noi, ad avere uno scambio e a non volerci superare l’una con l’altra. Questo è un insegnamento che ho fatto mio relazionandomi con persone di culture diverse legate al mondo della danza, perché come artista o segui la via della competizione o ti poni su quella in cui puoi assimilare dall’altro, nel bene o nel male.

Ismael Ivo, grande coreografo e danzatore brasiliano, riconosciuto come una delle figure creative più interessanti della danza contemporanea, è stato il suo mentore e la sua guida per undici anni. Aveva una risata contagiosa e liberatoria, era una roccia, ma il suo sguardo era un lago, pieno anche di malinconia. Che ricordo ha di lui? Ed in che modo la sua presenza è ancora in lei?
Ismael era un uomo nero, omosessuale, nato in una delle zone più povere di San Paolo. Quando lui aveva venti anni essere tutto questo era un problema enorme. Lui mi diceva sempre: “Guarda quante cose ho ottenuto” – Direttore della Biennale Danza di Venezia dopo alcune esperienze artistiche con la performer serba Marina Abramović, fondatore del festival ImPulsTanz a Vienna, considerato uno dei più grandi appuntamenti di danza internazionale in Europa, per citarne solo alcune – “io ho lottato per avere tutto questo- diceva – e dovete farlo anche voi”. Per me Ismael è stato il punto di svolta della mia vita perché quando l’ho conosciuto avevo avuto un incidente importante. Non studiavo danza per poter fare la ballerina, io studiavo danza contemporanea perché era il modo per poter esprimermi, parlare e comunicare, perché a differenza di un’ impressione di forza che mostro,  in me esiste tutto un lato fatto di chiusura, timidezza, di sensibilità che a volte maschero con uno stato che può essere percepito come distacco, ma è solo il mio modo di osservare per capire come avvicinarmi agli altri.

Mi sono presentata all’audizione di Ismael per fare un’esperienza, perché volevo conoscerlo, e quando sono stata scelta non sapevo se il mio corpo sarebbe stato in grado di reggere un lavoro così intenso, e lui guardandomi mi rispose che voleva il mio corpo così come era, e abbiamo iniziato a lavorare. Da lì in poi è stato un susseguirsi di emozioni e anche di tanti pianti. Ismael mi ha insegnato a lottare, a puntare un obiettivo, a non vedere limiti per raggiungerlo. Essere stata accanto a lui per undici anni come assistente alla coreografia, come una delle sue muse, proprio dal punto di vista coreografico, è stata l’esperienza più grande e bella che io abbia fatto. Lui resta una presenza molto importante nella mia vita. A breve partirò proprio alla volta dell’ImPulsTanz, insieme ad Elisabetta Violante che è l’altra assistente di Ismael per portare avanti la sua eredità, perché nel corpo abbiamo le sue coreografie, i suoi insegnamenti, e negli occhi la capacità –  che era una delle sue più grandi doti – di guardare dentro un danzatore, andare oltre la sua forma, scoprire le sue potenzialità ed esaltarlo, trasformarlo.

Barre trae origine anche da questo.

Valentina, lei ha una resistenza soprannaturale, e le sue allieve in sala la sua determinazione e forza la conoscono bene. Come fa ad essere ogni giorno così motivata e costante? E c’è qualcuno a cui deve dire Grazie?
Faccio quello che amo. Ogni mattina anche se sono stanca o nervosa, vado in sala, mi alleno ed il buon umore torna imperante. Vivo dell’entusiasmo di fare una cosa che mi rende felice. Vedere tante donne che hanno trovato in Barre Technique un punto di forza, una unione, lo stimolo di non mollare, anche se senti che tutto brucia e che non sei in grado di portare a termine quella sequenza, mi da tanta energia, si crea un rapporto positivo verso gli altri. Traggo sicuramente tanta forza dalle persone che mi sono intorno, e sono costante perchè ho dovuto imparare che il mio talento da solo non sarebbe bastato. Io sono un fuoco, mia sorella, invece, è acqua, è molto organizzata, mi insegna a respirare, a prendermi una pausa. Mia mamma da quarantacinque anni non si ferma mai, con la scuola di danza è un martello, ha lo stesso entusiasmo degli inizi. Da lei ho imparato cosa significhi essere costanti, perché quello che non raggiungi con il talento lo raggiungi con la costanza. Queste sono le due persone che mi hanno insegnato a come stare in piedi, Ismael mi ha fatto capire che in tutto dovevo metterci la mia passione. E a loro che va il mio più grande ringraziamento, e sono questi i principi che cerco di infondere nel mio training.

 

Come struttura le lezioni di TBT nel corso dell’anno?
Barre è un allenamento full body, si lavora tutto il corpo sul concetto della sbarra della danza classica unendo a questo il pilates, il gyrotonic, ed il potenziamento che si fa sui ballerini, che oggi è molto diverso da quello che si faceva un tempo, perché non ci si ferma più al solo lato estetico ma si guarda anche l’aspetto atletico dell’artista. Questo allenamento l’ho modificato attraverso le mie esperienze in America, in Brasile, in Germania. Barre è sicuramente un training che va a potenziare, allungare e modificare molto la muscolatura perché si lavora sui piccoli movimenti, utilizzando una concentrazione tale da riuscire a percepire, con il tempo, un’attivazione anche molto isolata delle fasce muscolari. Il lavoro sul corpo è a 360 gradi, segue per me una annualità, e su questa realizzo un programma che cresce nel tempo focalizzandosi su aspetti diversi. Nel corso dell’anno si lavora con un flusso di energie differenti che danno al corpo il tempo di adattarsi ai nuovi stimoli, rispettando anche il susseguirsi delle stagioni che influiscono sull’approccio all’allenamento, per ottenere un cambiamento a fine anno. Un risultato concreto su corpo e mente.

La pandemia ha rappresentato per lei un momento di svolta. Ci racconta come è riuscita a trasformare un periodo critico in un’esperienza così gratificante?
Durante la pandemia, il silenzio che c’era intorno a noi mi aveva conferito uno stato di agitazione. Mia sorella mi ha spinta ad iniziare le lezioni online di Barre, ed ho utilizzato questo tempo per cominciare a scrivere questo allenamento, mentre nel frattempo davo lezioni gratis alle mie amiche, o a chi voleva allenarsi con me sempre a distanza. Non mi sono mai più fermata, ho continuato a concentrarmi, ho codificato il metodo anche insieme a mia sorella, gli ho dato un nome e l’ho registrato. Dopo la prima riapertura avevo già quasi 300 persone che mi seguivano, e la cosa è continuata, anche perchè il plus di questo allenamento è che può essere fatto ovunque, non solo in una sala di danza, ma anche in uno spazio piccolo con gli attrezzi che possono essere sostituiti con elementi di fortuna: bottigliette di acqua al posto dei pesi, lo schienale di una sedia al posto della sbarra, ecc. Oggi, a distanza di tre anni, siamo diventate tantissime, più di 11 mila.

Alla luce di questi traguardi così appaganti cosa vede nel suo futuro?
Nel mio futuro spero di poter continuare a portare avanti l’eredità di Ismael nella danza, di riuscire ad entrare in contatto con tante altre persone, di dare loro energia e positività. Mi auguro che Barre arrivi a rendere felici molte altre donne. Nella mia vita e nel mio domani vedo le stesse cose che ho oggi. La mia passione, la mia famiglia, l’amore, la serenità. Il mio obiettivo è quello di continuare a dare, e di poterlo fare con piacere, fino a quando avrò la passione e la voglia di offrire le mie conoscenze sono convinta che questa cosa può raggiungere, modificare cambiare e crescere, ed io ho voglia di crescere.