Skip to main content

Oggi,17 maggio, si celebra la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. Tale appuntamento, noto anche sotto l’acronimo IDAHOBIT (International Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia), nasce dall’impulso di Louis-Georges Tin, accademico e curatore del “Dictionnaire de l’homophobie“, per sensibilizzare l’attenzione della politica e dei media sulle violenze e le discriminazioni subite dagli appartenenti alla comunità LGBTQIA+ in tutto il mondo. Il suo appello lanciato nel 2006 a favore della depenalizzazione universale dell’omosessualità, pur ricevendo un vasto appoggio, non riuscì tuttavia a centrare l’obiettivo. Solamente ben 17 anni più tardi, infatti, ovvero nell’aprile del 2023, è stata votata la risoluzione sulla depenalizzazione universale dell’omosessualità.  Il ritardo è stato giustificato dal fatto che «le leggi che criminalizzano il fatto di essere gay rimangono una realtà in un terzo dei paesi del mondo». Una triste realtà evidenziata anche dal nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale lo scorso anno, in occasione delle manifestazioni programmate per celebrare la giornata internazionale contro l’omofobia ha affermato che: “Omofobia, bifobia e transfobia costituiscono un’insopportabile piaga sociale ancora presente e causa di inaccettabili discriminazioni e violenze, in alcune aree del mondo persino legittimate da norme che calpestano i diritti della persona”. Proprio a causa delle tante, talvolta anche non sempre immediatamente visibili, discriminazioni esistenti, la nota avvocata Cathy La Torre, che ha fondato il Centro Europeo di Studi sulla Discriminazione e si batte per la difesa  ed il rispetto dei diritti Lgbt+, ha più volte evidenziato che secondo stime dell’OMS, il 53% delle persone Lgbt+ tende a nascondere la propria identità anche sul luogo di lavoro, vivendo una condizione stressante dal punto di vista emotivo. Purtroppo, infatti, non si può tacere che nonostante il riconoscimento della ricorrenza, oramai celebrata in oltre 130 paesi del mondo, secondo Ilga World (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association), sono più del 30% i paesi delle NU che criminalizzano gli atti omosessuali. E se volgiamo lo sguardo all’Italia, come ricorda Omofobia.org, progetto nato nel 2013 per iniziativa di Arcigay, il fenomeno omotransfobico è troppo presente e manca una legislazione efficace a contrasto delle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. Un passo avanti è sicuramente la creazione della  rete Re.a.dy – Rete nazionale delle pubbliche amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, che raggruppa Comuni, Province, Città Metropolitane, Province Autonome, Regioni e Organismi di Parità impegnati nel superare le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. Ma non basta se vogliamo veramente che diventi realtà quanto dichiarato da Helena Dalli, Commissaria per l’Uguaglianza. Ovvero “fare dell’Unione europea uno spazio in cui tutti sono liberi di essere sé stessi e amare chi desiderano”.